Un non luogo che è un luogo, per un progetto che sia nutrimento per il corpo, ma anche per l’anima.

Un luogo ma anche un non luogo che si fa luogo nel suo essere contenitore di idee e di emozioni.

Una casa, ma una casa che prende vita quando sono gli altri a varcarla e che si modella sulle persone.

Le persone in quanto maschere, con le maschere che cadono nel momento in cui ci si siede a tavola ed entra in scena Francesco Rigosa, fautore di Contradiction.

Qui tutto può essere e non essere, non c’è conflitto tra le due espressioni, non c’è soluzione di continuità, ciò che è può anche essere ciò che non è, è apertura massima, è non aver limiti.

Esplorazione del gusto nelle sue profondità, oltre il convenzionale, oltre il noto, non già perché sia ignoto, quanto perché può essere altro, anche se non immaginato.
Slegati è il percorso, uguale e diverso per tutti, una parola che si può leggere in due modi, slégati,
come monito a lasciare ogni vincolo e accettare che la contraddizione non è esclusione concettuale, e
slegàti, come dichiarazione di liberazione e libertà mentale ed esperienziale.

Il nostro concetto di cibo prende sempre spunto da un pensiero che si materializza, dunque il cibo come atto pratico di consapevolezza, ma dal cibo di Contradiction scaturisce un’emozione, di nuovo immateriale e intangibile e dunque si instaura un circuito ad andamento triadico, pensiero – cibo – emozione, in un movimento dinamico e mai uguale a se stesso, che possiamo definire ermeneutico.

Non è il pensiero che muta, siamo noi che lo riceviamo e lo rielaboriamo ogni volta in maniera nuova e diversa, anche contraddittoria, ma mai definitiva.